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Il guru dello Champagne lascia Dom Pérignon

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La rivoluzione nel mondo dello Champagne è una porta che si chiude alle spalle di Richard Geoffroy, per 28 anni al timone di Dom Pérignon. L’uomo che più di ogni altro ha trasformato le bollicine francesi delle feste in un oggetto del desiderio immortale, lascia l’incarico di chef de cave nella maison del gruppo LVMH di Bernard Arnault.

Medico per formazione, enologo per corso di studi, il guru dello Champagne inizia una nuova vita. Stavolta lontana dalle aziende del vino. Volerà verso Oriente, per una impresa imprenditoriale che per ora non vuole svelare. Uno dei suoi miti è il Giappone, il Paese del sakè. Blazer blu, cravatta regimental, sguardo smarrito da sognatore, Geoffroy è arrivato lunedì a Parma per ricevere il Premio alla Creatività. Era così affamato da farsi donare un pezzo di pane da un ambulante, prima di incontrare il sindaco Federico Pizzarotti. Era diviso tra il piacere di raccontare la sua storia e la febbre crescente e silenziosa per la svolta che lo attende.
Richard Geoffroy, addio a Dom Pérignon

Richard Geoffroy, addio a Dom Pérignon

Due anni fa aveva ipotizzato sul Corriere una terza via tra medicina ed enologia. È dunque il momento?
«Il mio motto — risponde — è che c’è sempre un’altra vita possibile. La vita è la ricerca infaticabile delle corrispondenze che fanno incontrare persone con le nostre passioni. Ora sto unendo le corrispondenze tra medicina, enologia e vita. La sintesi potrebbe essere l’architettura, ma non progetterò palazzi. E non mi occuperò più di vino: non esiste un percorso nel vino dopo Dom Pérignon».
Ha sempre sostenuto che il suo lavoro è la ricerca della bellezza. Lo continuerà?
«La Francia, l’Italia, il Giappone sono i guardiani della bellezza. La missione è raccogliere l’armonia. È più importante dell’uso della forza e della potenza nel mondo del vino per ottenere successo».
Sarà un lavoro solitario o collettivo?
«Il mio sogno è una comunità utopica, persone che stanno assieme e pensano allo stesso modo. Il mio sarà un grande progetto di investimenti, una start up che coinvolgerà tutto il mondo. L’Asia è la base di partenza».
Cosa le ha dato e cosa ha ricevuto da Dom Pérignon?
«Ho dato e ricevuto giocosità. Un reciproco scambio di divertimento. E poi libertà, risorse per creare e profondità di pensiero. Una tensione verso la visione del futuro. Ovvio, la maison è anche affari, è il paradosso della serietà giocosa. Che è anche l’essenza dello Champagne».
Ha creato Plenitude, il concetto delle finestre temporali per la pienezza del gusto, la maturazione dello Champagne. L’ha raggiunta come persona?
«La Plenitude è uno stato di energia interiore. L’ho raggiunta pensando al prossimo obiettivo. È una piattaforma per il futuro. Bisogna osare, lanciare provocazioni, uscire dalla confort zone e reinventarsi. Sennò ti rinsecchisci e diventi uno stupido uomo anziano. Come una prugna rugosa con un nocciolo duro all’interno».
Quando annuncerà il suo ritiro da Dom Pérignon?
«Il 13 giugno, durante un evento in Francia».
Richard Geoffroy, un futuro in Oriente

Richard Geoffroy, un futuro in Oriente

Chi sarà il successore?
«Vincent Chaperon, con cui lavoro da 15 anni. Sarà una successione organica. È un buon giovane enologo (ha 41 anni), che alla tecnica unisce un lato umano di grande spessore. Uno che sa unire i due emisferi del cervello. Una visione estetica è molto più importante dell’eredità tecnica dell’abate Dom Pérignon, che ha saputo magnificare l’effervescenza dello Champagne».

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